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“Zero bone loss” dopo l’inserimento dell’impianto

“Perché accontentarci di criteri di successo degli impianti che risalgono a 40 anni fa?”

Prof. Tomas Linkevičius · Lituania
 · September 01, 2021

È normale un rimodellamento osseo di un paio di millimetri attorno agli impianti? Questo impianto è riuscito? Il Prof. Tomas Linkevičius ritiene che con il progresso della scienza e dei biomateriali non sia troppo ambizioso aspettarsi una perdita ossea nulla dopo l’inserimento dell’impianto.¹ 

Prof. Linkevičius, la maggior parte dei clinici crede che il rimodellamento osseo attorno agli impianti sia inevitabile. Non concorda?

Prof. Linkevičius: Si, è vero. Per molti anni ci hanno insegnato che la perdita ossea è inevitabile. Uno dei riferimenti più citati in implantologia è quello di Albrektsson et al., in cui alcuni millimetri di rimodellamento osseo intorno a un impianto sono una reazione fisiologica prevista e non compromettono la riuscita dell’impianto. In passato questo andava bene. Ma oggi, con tutti i nuovi biomateriali, la tecnologia e le conoscenze, perché accontentarsi di criteri di successo degli impianti che ormai risalgono a 40 anni fa? Lo stesso vale per il trattamento del tumore, l’ictus o l’infarto.


Lei sostiene l’approccio “Zero bone loss”?

Si. In alcune indicazioni potremmo ancora perdere un po’ di osso, ma per la maggior parte degli impianti possiamo avere una perdita di osso pari a zero dopo l’inserimento dell’impianto. Dobbiamo alzare l’asticella delle nostre aspettative e liberarci della vecchia mentalità, è questo ciò che insegno nel mio corso online. Credere che il rimodellamento osseo debba fermarsi dopo un anno rende il nostro lavoro più facile, ma non possiamo dire con certezza che si fermerà davvero. Un certo rimodellamento osseo rende gli impianti maggiormente soggetti all’infiammazione dei tessuti molli, alla perimplantite e ad altre complicanze.


Dovremmo orientare il nostro modo di pensare verso considerazioni preventive? Che ruolo ha la gestione dei tessuti molli? 

È un cambio di paradigma importante. Per molti anni l’osso è stato la nostra principale preoccupazione, ma oggi i pazienti hanno aspettative estetiche superiori. I progressi dell’odontoiatria estetica hanno portato una maggiore attenzione alla gestione dei tessuti molli. E, in effetti, il tessuto molle è importante quanto l’osso per la riuscita dell’impianto, non solo per l’estetica ma anche per la funzionalità.


Può fare un esempio?

Consideriamo l’inserimento di un impianto nella regione posteriore. Il riassorbimento dell’osso vestibolare in quest’area non pone un rischio per la stabilità dell’impianto. Crea tuttavia un difetto nel contorno dei tessuti molli, un sito dove potrebbe raccogliersi cibo da pulire dopo ogni pasto. Si potrebbe dire che questo non è un grosso problema, ma perché i pazienti dovrebbero vivere con questo inconveniente, quando, con una corretta gestione dei tessuti molli, possiamo rendere il sito trattato più facile da pulire e più simile ai denti naturali? I pazienti non si lamentano spesso. Pensano che questa sia una condizione normale con cui devono convivere. È nostro compito informarli sui rischi e riportare la salute dei tessuti molli al centro dell’attenzione.

Come aiuta i pazienti a decidere?

Mostro loro le foto della cresta, degli impianti stabili e dei difetti di contorno dei tessuti molli. E aggiungo: “Se non introduciamo un sostituto dei tessuti molli in questa zona, si accumulerà cibo e si ricorderà di me dopo ogni pasto (e sorrido).” Inoltre, in questo sito possono accumularsi batteri e renderlo più soggetto a complicanze. Mostro loro anche casi clinici in cui il tessuto molle è stato ispessito con Geistlich Fibro-Gide®, in modo che il paziente possa vedere la differenza: da un lato, un impianto che semplicemente funziona, dall’altro un impianto che ha l’aspetto e viene percepito come un dente naturale.

In poche parole, lo spessore orizzontale dei tessuti molli conta?

Lo spessore orizzontale dei tessuti spesso è considerato meno importante nel contesto dell’osso crestale e della stabilità dell’impianto. Ma è altrettanto importante, non solo nella regione anteriore per l’estetica, ma anche nella regione posteriore per l’igiene e il comfort.

Quali altri fattori biologici considera?

L’altro fattore biologico che noi clinici abbiamo dimenticato per anni è lo spessore verticale dei tessuti molli. È ancora un mistero per me perché la pubblicazione di Berglundh e Lindhe del 1996 non abbia richiamato maggiormente l’attenzione su questo argomento. Abbiamo nuovamente studiato l’impatto dello spessore verticale dei tessuti molli sulla perdita ossea marginale e abbiamo dimostrato che uno spessore verticale dei tessuti molli di 3-4 mm è necessario per ottenere risultati ottimali in quanto protegge l’osso dopo l’inserimento dell’impianto e crea un profilo di emergenza estetico (Fig. 1).⁴ Da ultimo, ma non meno importante, vi sono le dimensioni del tessuto cheratinizzato. Sappiamo tutti che la gengiva fissa e l’attaccamento dei tessuti molli sono fondamentali per la riuscita di un impianto.

Quanto spesso decide di eseguire un incremento verticale dei tessuti molli?

Ogni impianto ritardato che inserisco è un candidato per l’incremento orizzontale e verticale dei tessuti molli. Fa parte del mio protocollo. In alcuni casi è possibile riuscire a evitare l’ispessimento verticale dei tessuti molli, se abbiamo molto osso e possiamo inserire l’impianto più in profondità, a seconda del design dell’impianto. Ma per l’incremento orizzontale dei tessuti molli non c’è alternativa. È necessario un innesto in quest’area, che sia un tessuto molle autologo o un prodotto pronto all’uso.

E quale preferisce?

La gestione dei tessuti molli è una parte centrale del mio protocollo, e in generale non uso innesti di tessuto connettivo dal palato, per l’ovvia ragione che tento di evitare un ulteriore intervento chirurgico. I pazienti non lo sopportano! Quando tento di spiegare l’opportunità di prelevare tessuto connettivo dal palato, alcuni pazienti vogliono evitare la procedura a ogni costo o preferiscono lasciare l’impianto così com’è. Negli ultimi tre anni ho usato Geistlich Fibro-Gide® per l’ispessimento dei tessuti sia orizzontale che verticale. Un vantaggio dei biomateriali sostitutivi è la loro disponibilità illimitata. Ad esempio, quando uso Geistlich Fibro-Gide® posso tagliarlo a metà e usarla per l’ispessimento sia verticale che orizzontale senza ricorrere al palato. Per incrementare il tessuto cheratinizzato posso usare sia tessuto connettivo che biomateriali sostitutivi. Ma la cosa più importante per me è creare tessuto stabile e attaccato intorno all’impianto. Questo blocca l’invasione batterica e migliora la longevità dell’impianto.

I pazienti accettano il costo dell’uso dei biomateriali?

Dovremmo forse tornare ai ponti perché sono più economici degli impianti? Naturalmente dobbiamo spiegare tutte le opzioni ai pazienti in modo che possano prendere decisioni consapevoli. Ma dobbiamo anche aiutarli a capire che, pur costando di più, l’uso di biomateriali sostitutivi può modificare i risultati della terapia implantare.

Quali sono i vantaggi dei biomateriali?

Rispetto agli innesti di tessuto connettivo, l’uso di biomateriali sostitutivi comporta meno complicanze. In generale, tutti i passaggi ulteriori, ad esempio le procedure di prelievo e la disepitelizzazione, possono aumentare la durata dell’intervento e le complicanze… e alla fine si può avere una maggiore perdita ossea mentre i tessuti molli stanno guarendo. Naturalmente, questo può dipendere dall’esperienza del chirurgo. La predicibilità può risultare compromessa se il chirurgo è meno esperto. In primo luogo, penso che il clinico debba essere convinto dei benefici di un protocollo di trattamento. I pazienti poi lo seguiranno.

Riferimenti:

  1. Linkevičius T: Quintessence Publishing Co Inc., ISBN: 978-0-86715-799-4; 9780867157994 (book)
  2. Albrektsson T, et al.: Int J Oral Maxillofac Implants. 1986;1(1):11-25. (review study)
  3. Berglundh T, Lindhe J: J Clin Periodontol 1996;23(10):971-3. (clinical study)
  4. Linkevičius T, et al.: Clin Implant Dent Relat Res 2015;17(6):1228-36. (clinical study)

Autore

Prof. Tomas Linkevičius | Lituania

Institute of Odontology, Faculty of Medicine, Vilnius University